La Verità è il mio unico Dio

Da Tiziano Terzani a Swami Vivekananda, mistico bengalese vissuto nella seconda metà del XIX secolo, che l’italiano citava spesso nel suo personale percorso di ricerca di una spiritualità autentica e coerente con la natura umana. Un libretto di Elena Borghi, pubblicato da Red!, mi ha permesso di approfondire un pò della figura e del pensiero di questo personaggio, leader spirituale hindu conosciuto in tutto il mondo.

 

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Vivekananda è passato alla storia  per avere praticato e predicato il seva, cioè il servizio disinteressato come metodo per la realizzazione del divino, oltre che per il suo approccio razionale alla religione, considerato una scienza dell’essere e del divenire, più che semplice apparato ritualistico. Il movimento da lui fondato (l’Ordine di Ramakrishna) poggia su una tradizione colta e rivendica “50 secoli” di storia hindu, ma si connota come moderno per il suo centrarsi sull’azione sociale, operando in campo sanitario, educativo, nella lotta alla povertà e all’emarginazione, con l’obiettivo centrale di “fare tutto il possibile per alleviare la sofferenza umana” – realtà che i popoli del subcontinente indiano conoscono tanto bene, essendo il luogo (assieme all’Africa Sub-sahariana) dove si concentra la maggior parte dei poveri del mondo.

 

Dopo lunghi anni spesi a cercare di capire “se c’è qualche verità nella religione” individuò il valore di ogni credo nell’espressione di amore verso il prossimo, di disinteresse verso il denaro e, appunto, di servizio, aiuto del prossimo. Allo stesso tempo, riprendendo le parole del suo Maestro Ramakrishna, affermava che “non può esserci religione in uno stomaco vuoto”. Ciò lo portò a predicare in senso ecumenico l’incontro tra Oriente e Occidente, il primo eccellente nella spiritualità ma incapace di sfamare milioni (oggi miliardi) di diseredati, e il secondo padrone della tecnica e generatore di benessere materiale, ma stomacato dalle proprie religioni e inaridito dal culto del denaro e dell’apparenza.

E’ interessante soffermarsi sul concetto di universalità delle religioni, citando un intervento durante una conferenza a Chicago:

<<Si è detto molto del terreno comune su cui poggia l’unità religiosa. Non azzarderò certo una mia teoria, proprio ora. Ma se qualcuno qui spera che quest’unità verrà raggiunta tramite il trionfo di una delle religioni e la distruzione delle altre, a lui dico: ‘Fratello, la tua è una speranza impossibile’. Mi auguro che il cristiano diventi hindu? Dio non voglia. Mi auguro che l’hindu o il buddhista diventino cristiani? Dio non voglia. Il seme è piantato nel terreno, e la terra, l’aria e l’acqua lo circondano, Il seme diventa terra, aria o acqua? No. Diventa una pianta, si sviluppa secondo le sue leggi di crescita, si nutre dell’aria, della terra e dell’acqua, le trasforma in nutrimento, e cresce fino a diventare una pianta… ciascuno deve nutrirsi dello spirito degli altri e contemporaneamente mantenere la propria individualità… ogni sistema ha dato vita a uomini e donne di grande valore…. sullo stendardo di ogni religione presto ci sarà scritto, nonostante tutte le resistenze: ‘Aiuto, non Lotta’, ‘Confronto, non Distruzione’, ‘Armonia e Pace, non Discordia’>>

E ancora: <<Anche un uomo che sia stato etichettato come ateo, o materialista, o chissà che altro, può incontrare una persona che gli proponga la verità di cui ha bisogno, e può trasformarsi nell’uomo più spirituale della sua comunità>>.

Per comprendere tali teorie va tenuto presente che la dottrina di Vivekananda è quella vedantica, di indirizzo no dualista, cioè quell’orientamento hinduista per cui esiste unità tra Sé individuale e Assoluto, e tutto ciò che pare separarli non è altro che Maya, l’Illusione cosmica. Dunque ogni essere umano è sostanzialmente divino, e tutto ciò che vediamo attorno a noi è prodotto di quella coscienza divina. <<Ciascuno di noi possiede, potenzialmente, quell’oceano infinito di Esistenza, Conoscenza e Beatitudine per diritto di nascita, per natura; e la differenza tra noi dipende dalla minore o maggiore potenza con cui manifestiamo quel divino… dunque ogni uomo dovrebbe essere considerato non in base a ciò che egli manifesta, ma in base a ciò di cui è il simbolo.. di conseguenza, ogni insegnante dovrebbe essere misericordioso e invece di condannare un uomo dovrebbe aiutarlo a richiamare in superficie quella natura divina che risiede in lui>>.

Le affermazioni più potenti di tale concetto sono le seguenti: <<Tutto ciò che chiamiamo etica, moralità, fare il bene del prossimo, altro non è che la manifestazione di questa unicità. Ci sono momenti in cui ogni uomo sente di essere tutt’uno con l’universo, e fa di tutto per dimostrarlo, che se ne renda conto o meno. Questa espressione dell’unicità è quel che noi chiamiamo amore ed empatia.>>

<<A ogni uomo viene insegnato questo: tu sei un tutt’uno con l’Essere universale e, come tale, ogni anima esistente è la tua anima, e ogni corpo esistente è il tuo corpo; e facendo del male a qualcuno, tu fai del male a te stesso, amando qualcuno, ami te stesso…e se da te esce amore, esso è destinato a tornare a te.>>

Tali ragionamenti non esistono staccati dalla prassi, dalla meditazione, dall’esperienza nel quotidiano. Non a caso sono collegati all’anelito verso una società più giusta, da cui deriva una forte critica tanto ai missionari cristiani quanto alle caste brahmane hindu:

<<Pane! Pane! Non credo in un Dio che non riesce a darmi il pane in questo mondo, mentre mi promette la beatitudine nei cieli! Bah! L’India deve essere affrancata, i poveri devono essere nutriti, l’istruzione deve essere diffusa, e la piaga del potere sacerdotale deve essere eliminata. No al clericalismo, no alla tirannide sociale! Più pane, più opportunità per tutti!>>

<<Dice il Vedanta, dobbiamo rinunciare all’idea di privilegio, solo così la religione trionferà. Prima di quel momento non ci sarà religiosità alcuna…Voi credete in ciò che disse Cristo: ‘Vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri’? Ecco l’uguaglianza messa in pratica… Non cercate di manipolare le Scritture.

Se non siamo in grado di raggiungerlo, ammettiamo la nostra debolezza, ma non demoliamo un ideale. Speriamo di riuscire a compierlo, prima o poi, e impegniamoci in questo.>>

 

P.S.

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