
“Tra crisi e diritti umani”: questo il titolo del XXIII Rapporto sull’immigrazione di Caritas Italiana e Fondazione Migrantes. Il contributo dei due organismi della Conferenza episcopale italiana è notevole, e va tenuto in considerazione da tutti, anche da chi guarda alle stesse questioni da un punto di vista laico o anticlericale. Riporto qui di seguito quindi le riflessioni principali scaturite dai dati quantitativi e qualitativi raccolti in questa preziosa ricerca:
• Nel 2013, se nel mondo e in Europa le migrazioni crescono, in Italia il fenomeno continua, ma non aumenta. La crescita interna dei migranti – per i ricongiungimenti familiari, le nuove nascite – viene pressoché annullata dai rientri, dalle partenze per altre destinazioni europee e del mondo di numerose persone e famiglie migranti. Circa 5 milioni resta il numero di persone, comunitarie e non, che sono presenti in Italia, alla luce dei dati Istat e di una componente irregolare che permane, anche a causa di decreti flussi che non interpretano le esigenze del mondo occupazionale italiano, e non aiutano l’incontro fra domanda e offerta di lavoro. La disoccupazione maggiore dei lavoratori immigrati rispetto a quelli italiani è dettata da una precarietà lavorativa e da una debolezza di tutele che chiedono nuovi strumenti sociali, più che il semplice blocco dei flussi.
• Il 2013 ha visto la crisi far emergere il rischio – Lampedusa e Prato sono solo due esempi estremi e drammatici – di indebolire la tutela dei fondamentali diritti umani: il Mediterraneo è sempre più un luogo di morte per tante persone in fuga; l’Europa presidia i suoi confini solo sul piano della sicurezza; i diritti dei lavoratori sono stati rinnegati in alcuni luoghi di lavoro – dalle imprese di Prato alle campagne della pianura padana o della piana del Sele, della Capitanata, di Rosarno o della Lucania – senza dimenticare il lavoro domestico.
• Il trattenimento nei Centri di Identificazione e di Espulsione (CIE) non soddisfa l’interesse al controllo delle frontiere e alla regolazione dei flussi migratori, ma sembra piuttosto assolvere alla funzione di “sedativo” delle ansie di chi percepisce la presenza dello straniero irregolarmente soggiornante, o dello straniero in quanto tale, come un pericolo per la sicurezza. Le norme che regolano il trattenimento nei CIE appaiono illegittime, in quanto non rispettano le garanzie dei diritti costituzionali e non superano i test di ragionevolezza soprattutto quando riguarda persone che hanno già scontato la pena detentiva in carcere e, per un difetto dell’Amministrazione, si trovano a dover prolungare nei CIE la loro esperienza detentiva.
• Troppe sono ancora le vittime di tratta per sfruttamento sessuale o lavorativo che chiedono un riconoscimento e una protezione sociale, fortemente indebolita in questi ultimi anni da una politica che sembra trattare con scarsa attenzione, se non proprio dimenticare, i percorsi e gli strumenti per le pari opportunità.
Lo stesso Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium così si esprime a tal proposito: «Mi ha sempre addolorato la situazione di coloro che sono oggetto delle diverse forme di tratta di persone. Vorrei che si ascoltasse il grido di Dio che chiede a tutti noi: “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9). Dov’è il tuo fratello schiavo? Dov’è quello che stai uccidendo ogni giorno nella piccola fabbrica clandestina, nella rete della prostituzione, nei bambini che utilizzi per l’accattonaggio, in quello che deve lavorare di nascosto perché non è stato regolarizzato?
Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti! Nelle nostre città è impiantato questo crimine mafioso e aberrante, e molti hanno le mani che grondano sangue a causa di una complicità comoda e muta».
• Il riconoscimento delle discriminazioni in continua crescita in Italia è debole, perché lasciato solo ai “luoghi istituzionali” incapaci di presidiare con strumenti nuovi i “luoghi di vita” – come la scuola, il mondo del lavoro, i servizi, ecc. – e di costruire un’alleanza con il mondo delle associazioni e del volontariato.
• La crisi non ha solo impoverito economicamente la società italiana, ma rischia di indebolire anche la sua democrazia. L’immigrazione, spesso identificata come luogo di povertà, di insicurezza, di conflittualità sociale, oltre che essere luogo di discernimento della qualità dei principi democratici, può diventare risorsa per la crescita dell’Italia: per il milione di ragazzi immigrati che vi nascono e crescono; per i giovani che arrivano nelle nostre città; per le storie familiari; per le culture, le esperienze di fede che invitano al dialogo e all’incontro; per una nuova prossimità vicina e lontana che aiuta a riconoscere ogni persona nella sua
dignità, interezza e unicità.