In questa puntata introduciamo il metodo della diagnosi differenziale che Jeffrey Sachs ha preso in prestito dalla medicina, per applicarlo all’economia della lotta alla povertà
Abbiamo visto come la crescita economica si sia diffusa nel mondo negli ultimi duecentocinquant’anni e come sia arrivata prima in alcuni paesi che in altri, in un ordine corrispondente grosso modo alla distanza dal luogo dove si era dato inizio alle danze (l’Inghilterra); dunque – in Europa – a partire dall’Olanda fino ai Balcani.
Abbiamo anche notato come e perché il processo di industrializzazione abbia avuto luogo prima in alcuni paesi e poi in altri, prima nelle zone costiere e poi in quelle interne.
Inoltre, non dimentichiamo l’influenza della geopolitica (e specialmente dell’enorme peso che il colonialismo ha rappresentato per tante nazioni) e del clima, specialmente da un punto di vista sanitario.
Naturalmente, dato che lo sviluppo si basa su una popolazione sana e istruita, le aree sistematicamente colpite da epidemie sono rimaste indietro – come ad esempio il Sud degli Stati Uniti rispetto al Nord.
Dunque, per riassumere:
- La crescita economica avviene attraverso un processo di diffusione, che ha inizio in una regione del pianeta (la Gran Bretagna) e continua poi, evolvendosi, nel resto del mondo
- Le strade che questo processo ha preso non sono un mistero e sono state chiarite dagli economisti.
- Molti diversi tipi di fattori hanno giocato un ruolo in questi 250 anni, e la loro importanza relativa continua a cambiare, specialmente con l’evolvere delle tecnologie
Troppo spesso la necessità di semplificare dinamiche complesse ci disorienta, portandoci a credere – come si legge da molte parti – che la crescita economica dipenda dalla “libertà economica” o da “istituzioni inclusive” o dal “controllo della corruzione”.
Questi fattori sono senza dubbio importanti, ma spesso nella storia non sono stati decisivi, e presi singolarmente non ci aiutano a predire gli sviluppi futuri.
Usare metodi di analisi scientifica aiuta.
Così come in medicina, anche in economia, e in generale nello sviluppo sostenibile, abbiamo bisogno di un approccio clinico basato sulla diagnosi differenziale. Invece di offrire una semplicistica diagnosi (“metti un freno alla tua corruzione”), un’unica prescrizione (“taglia la spesa pubblica”) o un singolo riferimento (“rivolgiti all’FMI”), un bravo economista dello sviluppo esamina accuratamente le condizioni, la storia, la geografia, la cultura e la struttura economica del paese in questione.
Jeffrey Sachs ha testato il suo approccio personalmente, essendo stato chiamato nella sua carriera a fornire raccomandazioni a governi vari, come Bolivia, Polonia o Zambia e tanti altri paesi africani. La sua checklist racchiude sette categorie per definire le cause della povertà:
1 – Trappola della povertà. Quando il paese è troppo povero per fare gli investimenti di cui ha bisogno per uscire dall’estrema privazione materiale e salire sulla scala della crescita.
2 – Cattive politiche economiche, come la scelta di strategie d’investimento sbagliate, la chiusura dei confini quando invece l’apertura al commercio internazionale avrebbe più senso, la pianificazione centralizzata al posto di un sistema di mercato, e così via..
3 – Insolvenza finanziaria. I vari governi hanno esagerato con la spesa pubblica e si sono indebitati tanto da avvicinandosi alla bancarotta. Ora il paese deve così tanto ai creditori da non essere in grado di trovare i soldi per strade, scuole, ospedali o per assumere ingegneri, medici o insegnanti.
4 – Geografia. Si tratta magari di un paese senza sbocco sul mare, lontano dalle rotte commerciali, con prevalenza di catene montuose e inadatto all’agricoltura o alla produzione a basso costo. Oppure fronteggia il flagello della malaria o di altre pesanti malattie. Oppure è vittima di disastri naturali frequenti, come terremoti, uragani, siccità, alluvioni ecc. (si pensi ad Haiti o alle Filippine)
5 – Pessima governance. Le politiche sembrano buone, ma in pratica la corruzione, l’inefficienza e l’incompetenza dilagano. Ci sono vari livelli a cui ciò può accadere. Naturalmente, la corruzione esiste ovunque, anche nel ricco Occidente (come da noi, o anche negli Stati Uniti..)
6 – Barriere culturali. Molte società continuano a discriminare pesantemente le donne, ad esempio. Le ragazze non hanno la possibilità di andare a scuola, e ci si aspetta che si sposino presto e facciano molti figli, anche quando la famiglia è talmente povera da non poter loro garantire salute, nutrizione e istruzione. Alla lunga, tali barriere rendono impossibile lo sviluppo.
7 – Geopolitica, cioè le relazioni di una nazione con i suoi vicini, nemici e alleati. Se un paese è abbastanza al riparo da attacchi, gode di sovranità nazionale ed è capace di commerciare in pace con altri paesi, la geopolitica è amica dello sviluppo. Al contrario, se subisce la dominazione straniera o è coinvolto in guerre tra grandi potenze, non si può intravedere un futuro roseo (un esempio su tutti è l’Afghanistan).
Teniamo presente che tutti questi fattori e problemi non si applicano in maniera uguale ad ogni paese, e che non esiste un’unica spiegazione del persistere della povertà estrema. Per quanto riguarda il primo punto, ci sono due opzioni principali per liberare un paese dalla poverty trap.
Un modo è che il governo prenda in prestito le risorse necessarie per finanziare gli investimenti pubblici, contando sulla futura crescita per ripagare i creditori. L’altro modo prevede che governi, aziende e fondazioni stranieri o istituzioni internazionali forniscano assistenza finanziaria temporanea per far fronte ai bisogni più urgenti.
Tale seconda opzione, quella della cooperazione – anche detta aiuto pubblico (o privato) allo sviluppo – dovrebbe poi andare scemando man mano che il paese cresce e diventa autonomo.
Come descritto nel mio libro, sin dall’adozione di obiettivi globali di lotta alla povertà, tante cose sono cambiate, avendo l’agenda ONU impresso sicuramente un’accelerata ai miglioramenti in atto nei vari indicatori.
Ad esempio, nel campo della salute, si sono create istituzioni come il Fondo globale per la lotta contro AIDS, TBC e malaria, che hanno raccolto donazioni da fonti pubbliche e private e le hanno distribuite ai paesi più poveri, riuscendo a portare sotto controllo la diffusione di queste tre malattie infettive.
Nella prossima lezione ci focalizzeremo proprio sugli MDGs e sulla grande sfida dello sradicamento completo della povertà estrema nel mondo.
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One thought on “Perché alcuni paesi si sono sviluppati e altri no”