L’ipotesi comunista. Perché no

Unirsi per cambiare il mondo. Coalizzarsi per rivoltare il sistema. Fare la rivoluzione. La mia risposta è no. La gente non lo farà. La gente vuole solo consumare. Il blog si chiama non a caso Occhi per vedere: questo è quello che vedo quando mi guardo intorno.

Alcuni (forse molti) vogliono arricchirsi. La maggior parte si accontenta di poter consumare nella media (secondo gli standard europei ed americani). E’ così qui in Asia, è così in Medio Oriente, e probabilmente è anche più di così nel resto del mondo.

Un buon spunto per approfondire questa riflessione è la raccolta di saggi “L’ipotesi comunista” del filosofo francese Alain Badiou. L’autore discute le ragioni di un possibile rinnovamento dello “spirito del ’68”; rinnovamento considerato necessario per produrre anche in quest’epoca un’alternativa di sistema capace di combattere il capitalismo e (magari, un giorno molto lontano) distruggerlo. Suddetto sistema, nella sua forma globalizzata, è uscito netto vincitore dal decennio 1968-78, e il filosofo Badiou individua giustamente il cuore del problema nella ricerca del profitto, vero collante di una società massificata ma fondata sull’individualismo, ordinata in base agli interessi egoistici e orientata verso la crescita (della ricchezza).

Ma perché? Stiamo effettivamente parlando di un mostro da abbattere, come ogni buona persona di sinistra dovrebbe pensare? Non ne sono più sicuro. Non ne ho mai avuta la certezza, ho solo creduto di averla per un certo periodo della mia vita. Se c’è un mostro, quel mostro siamo tutti noi.

L’autore ci dice che dovremmo essere ancora antagonisti e portare avanti qualche nuova forma di lotta di classe. C’è bisogno di un’idea nella vita, come diceva Platone. Ok, ma perché un’idea negativa, un’idea di opposizione? Provo ad esercitare i miei dubbi di intellettuale nel modo più onesto possibile. Ebbene, tale domanda non può più essere una domanda retorica, e io non sono più parte della risposta teoricamente collettiva a tale domanda. Ripeto: perché un’idea di cambiamento collettivo? La manna non scenderà dal cielo. Le masse non si muovono, e non si muoveranno.

Come insegna il buon Marx, col volontarismo non si va da nessuna parte. Qualcuno molto bravo e intelligente come Lenin è riuscito “a dare una spinta alla storia”, ma perché c’era fame nera e una grande guerra ad invogliare la presa di coscienza. Anche il compare Mao lo ammise, dopo vent’anni di guerra civile e sperimentazione socialista in alcune province: chi volesse veramente comprendere come fosse stato possibile far vincere la rivoluzione in Cina doveva sapere che nella sua regione, lo Hunan, la corteccia degli alberi era stata divorata fino ad un’altezza di quattro metri…

Quindi, se anche volessimo (e a suo tempo ho voluto) dar retta ai dettami del materialismo storico-dialettico, dovremmo credere che l’emancipazione rivoluzionaria delle masse non spunta fuori dalla testa di qualche geniale leader, ma è bensì inscritta nel Dna della società stessa, nel fatto che certi rapporti di produzione si suppone siano crudeli e insostenibili. Certo, si parla anche della necessità di un attore soggettivo (il partito) capace di fomentare e guidare il proletariato tutto. Ebbene, guardatevi intorno.

Non voglio denigrare nessuno, soprattutto chi tra i miei amici si è dedicato/a per una vita intera a tali idee ed è sinceramente impegnato/a per un mondo migliore. Dico solo che non si può scegliere una griglia di lettura della realtà tanto ristretta, non si possono ignorare la distribuzione del potere e i rapporti di forza nella realtà (mondiale). Non ne sono capace.

Ma c’è dell’altro: perseguendo tale idea si perde di vista la legge del più forte, e soprattutto il sistema di incentivi che guida il sistema capitalista e che ha reso possibile la sconfitta del socialismo reale nel XX° secolo.

Le gerarchie di potere nella piramide sociale hanno guidato gran parte della storia umana e, nella forma capitalista, hanno permesso il più grande progresso mai visto.

Per ora sospendo la mia riflessione su questo tema, che mi sta particolarmente a cuore. Ho molto, molto altro da dire, ma oggi non voglio dilungarmi troppo.

Alla prossima.

P.S.

Intanto vi consiglio un paio di libri che, qualunque sia la vostra opinione, vi apriranno davvero gli occhi:

6 thoughts on “L’ipotesi comunista. Perché no

  1. Bravo Andrea. Una bellissima riflessione come tante ne hai fatte nella vita.
    Trasformarsi, superarsi, evolversi quando si vedono e vivono realtà diverse è normale. Sarebbe un problema se continuassi ad analizzare la realtà con “una griglia di lettura della realtà tanto ristretta”.
    Una cosa è certa e la sottoscrivo “Se c’è un mostro, quel mostro siamo tutti noi! […] La manna non scenderà dal cielo. Le masse non si muovono, e non si muoveranno.”
    L’ipotesi rivoluzionaria come la lotta armata e la lotta di classe non ci appartengono più; preferisco seguire Ghandi e dire “sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.

  2. Grazie Dennis. Sento di essere ad un punto della mia vita in cui molti nodi vengono al pettine, e sono finalmente capace di trovare una soluzione ai miei dubbi, tanto da un punto di vista di crescita personale, tanto quanto riguardo le mie idee sul mondo, e su come cambiarlo. Il pensiero di Ghandi non a caso rientra tra le influenze principali, ma in generale sono sempre più convinto dell’efficacia dei meccanismi di mercato nel riflettere l’effettiva distribuzione di intelligenza e capacità degli uomini, nonostante tutte le contraddizioni. Concepisco l’uguaglianza come uguali possibilità di partenza, non più come livellamento. Penso anche che la sfida politica più importante del nostro secolo sia la sostenibilità, e che attraverso essa si possa ridurre se non eliminare la povertà. Approfondirò questi concetti più in avanti

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